Abbiamo parlato della metodologia educativa chiamata Disciplina dolce in questo articolo, e personalmente ne sposo la filosofia. Siamo però condizionati nella nostra funzione genitoriale da tantissimi fattori… i ritmi frenetici della vita quotidiana, le tradizioni, i parenti!
Ho deciso dunque di porre alla consulente, Dott.ssa Irene Mazzon, Psicologa e Psicoterapeuta che cura per noi la Rubrica #chiediloallapsicologa alcune domande pratiche riguardo a come poter crescere al meglio i nostri bambini nella vita di tutti i giorni.
Dal punto di vista psicologico, consideri la disciplina dolce un buon metodo di educazione? Perché?
La mente del bambino si sviluppa attraverso la capacità delle sue figure di accudimento di sintonizzarsi sui suoi bisogni e segnali comunicativi. Non solo, alla base di un attaccamento sicuro e quindi di un senso di identità integrato vi è una buona funzione di holding da parte del genitore, intesa come capacità di “tenere” e contenere il bambino, di farlo sentire sicuro e protetto per mezzo del contatto fisico, ma anche di “tenerlo” nella propria mente.
La capacità di pensare e di sentirsi del bambino si struttura però anche a partire dal limite e, in una certa misura, dalla frustrazione. Winnicott ha ben chiarito l’importanza che una madre sia “sufficientemente buona”, perché una madre “troppo” buona è destrutturante e psicotizzante per il bambino. Una madre “troppo buona” non gli lascerebbe lo spazio per desiderare, per avvertire il proprio bisogno (senza che venga anticipato dal genitore), per imparare ad auto-contenersi, e anche sperimentare la rabbia, che è un motore vitale ed emancipante.
Anche il genitore ha i suoi bisogni (come uscire di casa alle otto di mattina per andare in ufficio) e credo sia importante non sentirsi in colpa se a volte scappa un urlo o un po’ di nervosismo. Sopratutto, ritengo estremamente salutare per il bambino riconoscere l’esigenza dell’altro come principio di realtà. Il bambino e l’adulto (con le sue esigenze dettate dal principio di realtà: mantenimento, lavoro, vita sociale) non sono sullo stesso piano… per fortuna, perché significherebbe che l’adulto non sarebbe in grado di proteggere il bambino. Il bambino ha bisogno di sentire l’adulto più forte. Questo non significa che debba essere schiacciante o castrante.
I ricatti, le punizioni, specialmente fisiche (come sculacciare o dare delle sberle) sono da evitare oppure a volte possono essere utili?
Come dicevo sopra, è importante che l’adulto non risulti schiacciante e mortificante per il bambino, che costruisce la propria identità e sicurezza emotiva sui rimandi che riceve dalle sue figure di riferimento.
Da un lato, per l’adulto manifestare la propria rabbia deve essere sacrosanto, anche perché permette al bambino di riconoscere l’emozione dell’altro e poterla quindi accettare anche in se stesso, senza non sentirla distruttiva. Proprio per questo però non deve esserlo!
La punizione fisica è assolutamente ed in tutti i casi da evitare.
La punizione fisica ha soltanto una funzione di sfogo per l’adulto, a danni però non solo della percezione della propria sicurezza corporea ed affettiva del bambino, ma anche disfunzionale dal punto di vista educativo, passando lo strumento della violenza come una soluzione relazionale.
Il potere “educativo” di una punizione fisica è un falso mito anche per un altro motivo: nessuno impara attraverso il sentimento di vergogna e umiliazione. Passare da uno stato di arousal, ovvero di disregolazione ed eccitazione, ad uno stato di allarme e dolore come quello che segue una umiliazione fisica non insegna nulla. Lascia al contrario una sensazione di corto circuito, di un’interruzione non mentalizzabile dell’esperienza. Altro è insegnare al bambino ad auto-regolarsi, a calmarsi. Per intervenire a livello educativo con il bambino, quindi, l’adulto può utilizzare il canale verbale. Può farlo cercando innanzi tutto di distinguere cosa è funzionale a sé e cosa é funzionale all’obiettivo che ci si pone con il bambino.
È funzionale per sé lo sfogo? Può capitare, siamo umani, ma non passa uno stumento utile al bambino.
Le punizioni in senso lato, quelle che tu chiami ricatti, sono invece un concetto controverso. Io preferisco parlare di conseguenze: bisogna rendere molto chiaro al bambino il meccanismo causa-effetto. Se tocchi il ferro caldo ti bruci, quindi io non ti permetto di avvicinarti. Se non ti metti le scarpe per uscire io sarò in ritardo al lavoro, subirò delle conseguenze, e questo mi fa arrabbiare. Quindi non avrò voglia di passare in cartoleria a comprarti le figurine andando a scuola. Meglio ancora: sarai così bravo se ti metterai le scarpe veloce veloce perché sai che la mamma ha bisogno di uscire presto che vorrò farti un regalo, si va a comprare le figurine! Non è un ricatto, è una spiegazione che aiuta lo strutturarsi del pensiero del bambino e il formarsi della “teoria della mente”.
É vero che i ricatti psicologici come “se lo fai ancora la mamma non ti vuole più bene” possono essere altrettanto dannosi? Perché?
Certo, perché il bambino può apprendere solo in presenza di uno stato emotivo stabile e di una base affettiva sicura. Aggiungo anche che non c’è metodologia educativa che non si basi su questo assunto: quello che è, eventualmente, da “condannare” è il comportamento, MAI la persona.
Verso che etá ha senso limitare il bambino e quale sarebbe l’approccio migliore?
Il limite è dato dalla realtà stessa e per questo non ci sono età.
Quello che è pericoloso o non fattibile per esigenze di vario tipo legate alle necessità più strette nel mondo sociale costituisce un limite sempre.
Come dico sempre, stabilite tre regole. Da quelle non si sgarra. Tutto il resto… è fondamentale libertà di sperimentare!
Con “stabilire tre regole” la dott.ssa Irene mi spiega che si riferisce a stabilire poche regole, quelle davvero importanti, come ad esempio nel mio caso una delle regole indiscutibili é che per strada si cammina sempre tenendosi per mano. Stabilire delle regole inoltre, non vuol dire che il bambino deve “piegarsi” al nostro volere a prescindere da tutto. Queste regole saranno sempre accompagnate da una esaustiva spiegazione del PERCHÉ bisogna seguirle e perché sono cosí importanti!
Limitare eccessivamente un bambino puó avere un riscontro negativo?
Certo, il bambino ha bisogno di sperimentare. Una delle situazioni più frequenti che possiamo osservare è quella di un genitore che vive come una sfida il fatto che il bambino butti a terra degli oggetti dal seggiolone. Non lo è assolutamente. Il bambino ha bisogno di conoscere il mondo attraverso le sue azioni, la consistenza degli oggetti, il sapore, i colori. Sperimentare che lanciando un oggetto esso si allontana e poi può tornare indietro (con pazienza la mamma lo raccoglie e glielo ridà) è una delle scoperte più importanti che il bambino deve fare nei primi mesi.
Tutto questo ovviamente deve avvenire in sicurezza e nel rispetto anche delle esigenze dell’adulto. Per questo però si possono strutturare diversi momenti. Chiaramente il gioco del piccolo scienziato non avverrà alle otto di mattina quando bisogna uscire! Dovrà però esserci un momento dedicato esclusivamente al gioco più scatenato durante la giornata!
Consulenze personalizzate
Se hai bisogno di una consulenza personalizzata ti ricordiamo che la dott.ssa Irene Mazzon riceve a Milano in viale Vittorio Veneto 30. Qui i suoi contatti e riferimenti!