Cos’è il babywearing e perchè fa bene?

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Salute e Benessere

Babywearing, letteralmente indossare i bambini. Vi siete mai chieste da dove arriva questa pratica e perchè è così importante?.. C’era una volta l’uomo, homo sapiens sapiens: un animale fuori dalla norma, un essere capace di compiere gesti e formulare pensieri estranei alle altre specie animali, con un istinto biologico che lo spinge alla procreazione, come tutti gli esseri viventi..

C’erano una volta dei piccoli umani, esseri immaturi, non autosufficienti

Quei nostri antenati ci ricordano che esistono in natura due tipologie di piccoli nati: tecnicamente sono definiti piccoli precoci o piccoli inetti. I cuccioli precoci sono quelli che appena nati sono già autosufficienti, in grado di muoversi, procurarsi il cibo, iniziare la loro personale lotta per la sopravvivenza. I piccoli inetti sono quei cuccioli che non sanno fare queste cose, che se lasciati a loro stessi senza le cure del loro tutore sia esso la madre o un gruppo sociale, morirebbero. È facile capire che i nostri cuccioli appartengono alla seconda categoria, cosi come i cuccioli dei primati, i nostri più stretti cugini naturali: un piccolo umano è totalmente dipendente dai componenti adulti del suo gruppo sociale e in particolare, dalla sua mamma. Ecco perchè per parlare di babywearing siamo partite da lontano, da molto lontano!

Questa semplice premessa serve a mettere a fuoco alcuni fatti fisiologici:

E parte della nostra norma biologica quindi è normale che un neonato sia dipendente dalle cure di altri adulti, nello specifico dalla madre, che provvede non solo alla sua sicurezza, ma anche alla sua cura e alla sua alimentazione, perché da solo non ne sarebbe capace.

Questa immaturità dura un periodo temporale molto molto lungo, e comprende anche un esigenza logistica, perché il cucciolo umano ha bisogno di essere assieme agli adulti costantemente, ma non è in grado di seguirli. Pensando ai nostri cuccioli, a volte ci dimentichiamo di semplici nozioni fisiologiche: viviamo in una società che ha insistito per lunghissimo tempo sul fatto che i neonati dovessero sviluppare il più presto possibile una tangibile condizione di indipendenza.

Un bimbo che non si vede e non si sente è un bravo bambino: questa espressione è intesa come un complimento alle abilità educative dei genitori, che lo hanno reso autonomo e autosufficiente. Eppure questa condizione non è fisiologica, non è umana; nessun cucciolo umano è autosufficiente! Consideriamo per un momento anche il punto di vista dei nostri cuccioli.

Il pianto per chiamare l’attenzione: un istinto di sopravvivenza

Immaginate le percezioni di un cucciolo umano: vi trovate in un corpo che vi offre solo movimenti legati ai vostri bisogni primari, che non ha una sviluppata capacità visiva, incapace di trasportarvi all’interno dello spazio, che vi lascia in pratica alla mercé di qualsivoglia pericolo. Sapete, in modo istintivo, che la vostra vita è imprescindibilmente legata a vostra madre, o agli adulti della vostra specie in generale, quelli che come abbiamo visto possono prendersi cura di voi, e avete un solo mezzo per attirare la loro attenzione sui vostri bisogni: il pianto.

Parlando di babywearing, avrete forse letto alcuni articoli che affermano che i bimbi portati in fascia piangono in media il 40% in meno. Se vi avessi fornito questo dato prima della dovuta premessa, forse alcune labbra si sarebbero storte, pensando che il babywearing sia solo l’ennesima moda che interessa i modelli educativi della nostra società. Il babywearing invece ci aiuta a soddisfare un bisogno primario, quello che il nostro cucciolo ha di stare con noi.

Il babywearing è usato da sempre anche in altre culture

Lui non ha coscienza del fatto che in casa è al sicuro, che non può arrivare una tigre da un momento all’altro a sbranarlo, per fare il più banale degli esempi; lui sa soltanto di essere vulnerabile se lasciato solo, per questo pretende di stare sempre in braccio. I nostri cuccioli sono un sistema perfetto che mira esclusivamente al soddisfacimento dei propri bisogni, al raggiungimento di una condizione di piacere, per un lunghissimo tempo (standardizziamolo ai primi 1000 giorni di vita, giusto per averne un’idea)


I bimbi portati piangono meno semplicemente perché non ne hanno bisogno.  La mamma è lì, il papa è lì, non c’è niente da temere. Le sensazioni che un neonato assorbe dal contatto con il suo tutore sono tutte piacevoli: un odore noto, un battito cardiaco che rassicura meglio di qualsiasi ninna nanna, un calore umano che avvolge come una nuvola di bene-volenza, perché chi si prende cura di noi, ci dimostra il suo amore.

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Soddisfare i BISOGNI del neonato: contatto e affetto

Dal punto di vista di chi si prende cura di questo piccolino invece, portarlo in un supporto soddisfa due bisogni: logistico e affettivo. Visualizzate voi stessi mentre stringete a voi il vostro prezioso piccolo inetto. Le vostre braccia lo stringono, lo sorreggono, lo assicurano con una presa salda ma gentile. Forse dondolate un po’.

Provate a portare l’attenzione su di voi, sulle sensazioni che vi trasmette questo gesto: la morbidezza della sua pelle, il profumo dei suoi capelli, il suono dei gorgheggi, la debole pressione delle dita che paiono voler scalare il vostro corpo; e poi il modo in cui il vostro piccolo si abbandona contro di voi, la totale fiducia che ripone nel vostro abbraccio, il modo di cercare il vostro sguardo, di scoprire le gengive in un sorriso sdentato, il modo in cui le sue palpebre si rifiutano di chiudersi completamente fino al momento di sfinimento, per cogliere appieno l’immagine di voi, fino all’ultimo secondo a disposizione.

Noi purtroppo non viviamo in questa semplice immagine statica. In realtà quello che ho descritto potrebbe essere il racconto di alcuni minuti di pace, forse quelli di quando state addormentando il vostro cucciolo.

Ora proviamo a visualizzare il resto: il telefono squilla, l’acqua sul fuoco, il figlio maggiore attira la vostra attenzione, il frigorifero reclama un giro si spesa, il pavimento una passata di straccio; fuori il sole splende, avete voglia di uscire, o piove ma una commissione non può aspettare; il cane freme, è il suo turno; i capelli vi danno fastidio e dovete legarli in una coda.

Qualunque sia la vostra quotidianità, le persone che vi aiutano, lo spazio che avete a disposizione, due cose non cambieranno mai: la giornata si compone di un infinità di piccole o grandi azioni, e vostro figlio pretenderà il contatto con voi. Portare un bimbo vi offre la possibilità di farlo senza impiegare le mani, ma non solo, senza stancare le braccia, distribuendo il carico di peso che via via aumenterà sempre più su tutto il vostro tronco, sulle spalle, sui fianchi, in modo comodo, omogeneo.

E diciamoci la verità, è bello. È proprio bello.

È bello avere tuo figlio addosso, è bello sentirlo respirare, è magnifica la pressione di una guancia un po sbavata che si abbandona a peso morto, dormendo pacifico contro il tuo petto. E’ un dono potersi fermare, anche solo un secondo o due, mentre sei immerso nel tuo tran-tran, e poterti permettere di incrociare lo sguardo, condividere un momento, una carezza, un gatto che corre, un fiore colorato; perche lui, lei, è li, cuore a cuore o poggiato sulla tua spalla, o con il braccino che indica dietro la tua nuca, un dito paffutello puntato oltre il tuo sguardo.

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Scritto per Diventare Mamma Lab da Agnese Pietroselli, operatrice della Nascita Melograno, consulente babywearing e baby massage. Tramite la sua associazione La Volpe e La Rosa, promuove il confronto tra genitori, tramite incontri informativi su importanti temi relativi alla genitorialità e al benessere di mamme e bambini.

ADRIANA & NICOLE

Diventare Mamma va online il 3 Ottobre del 2016, inizialmente come blog dedicato alla maternità.Il blog si è poi trasformato in un vero portale informativo, per le mamme 2.0

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