Home Di tutto un pò! Una giornata come tante, e invece no: sono diventata mamma!

Una giornata come tante, e invece no: sono diventata mamma!

by Enza

Mai e poi mai avrei immaginato che quello sarebbe divenuto il giorno più importante della mia vita, pensavo che fosse una giornata come tante, e invece no: sono diventata mamma!
Era un semplicissimo lunedì mattina, e come sempre, alle 9 ero già in macchina sotto casa di mamma per sbrigare le nostre mille commissioni.
Un giorno come tutti gli altri, eppure una sensazione strana mi accompagnava in modo costante.
Pensavo fosse normale, d’altronde mancavano solo poche settimane al parto.
Quel giorno, per la prima volta, mi chiesi se avessi mai sentito la mancanza di quel pancione enorme: non vedevo l’ora che andasse via per lasciare spazio ad un fagottino che avrebbe cambiato per sempre la mia esistenza.
Arrivai velocemente ad una conclusione: come avrei potuto sentire la mancanza di una pesante anguria che mi aveva costretto ad interminabili cure, ansie e paure? Già, come avrei potuto?
Ero stanca, esausta di quel peso che mi impediva.ogni movimento e che mi faceva gonfiare le gambe, che aveva stravolto il mio corpo.
Volevo solo che la mia bambina nascesse, avevo bisogno di stringerla a me e di capire quanto potesse essere grande l’amore che si prova per un figlio.
Tra mille pensieri la giornata scorreva semplicemente.

Poi all’improvviso, il mio corpo ha cominciato ad essere strano.

Avvertivo dei dolori allo stomaco.
Cercavo di tranquillizzarmi dando la colpa a quella fetta di pane in più che avevo mangiato a pranzo o a delle semplici contrazioni preparatorie.
Ero stata dal ginecologo solo tre giorni prima e mi aveva rassicurata dicendomi che il giorno del parto era ancora lontano.
Passavano le ore ed il dolore diventava sempre più forte.
Se da un lato allontanavo l’idea di un parto imminente, dall’altro sapevo che il mio corpo mi stava mandando dei messaggi diversi.
Cosi, alle 18, chiamo mio marito che velocemente mi accompagna dal ginecologo.
Facciamo una visita e l’utero era chiuso.
Passiamo all’ecografia.
Vedo l’espressione del medico cambiare: aggrotta la fronte, si sofferma insistentemente sulla parte alta dell’addome.
Intanto il dolore diventa lancinante.
Dall’ecografia emerge qualcosa di anomalo, devo correre in clinica e devo ricoverarmi per tenere sotto controllo la cistifellea, visibilmente ingrossata.
Bene, diciamo che nei miei piani, non era proprio prevista l’ipotesi di trascorrere le tre settimane che mi separavano dal parto in clinica.
Un’ipotesi per me assurda, visto che corro da mattino a sera come una trottola!
Raggiunta la clinica, cominciano una serie di esami, passo dalle mani di uno specialista all’altro: mi visitano, escono, ritornano, si consultano, escono di nuovo.

Chiedevo solo una cosa: fate smettere questo dolore atroce.

Comincio un tracciato, ho le contrazioni da parto ma l’utero è completamente chiuso.
In poco meno di mezz’ora la situazione precipita pericolosamente, la bambina è in sofferenza, bisogna intervenire immediatamente.
Cominciò ad agitarmi ma continuo a non capire cosa stia per accadere.
Dopo qualche minuto mi ritrovo in sala operatoria, agitata per il mio primo intervento, ma soprattutto perché dopo nove mesi di attesa stavo per conoscere la mia bambina.
Ricordo poco del parto: un grande telo azzurro che non mi permetteva di vedere cosa stessero facendo i tanti medici che borbottavano intorno alla mia pancia, oramai insensibile, la puzza di disinfettante…
E poi, all’improvviso sento un pianto disperato, vedo delle piccole gambette ed un culetto perfetto.
Mio Dio, era davvero mia figlia? Ho davvero fatto io questa perfezione?
Cosa ho fatto nella mia vita di così buono da meritarmi questo miracolo?
Mille pensieri mentre il tempo sembra dilatarsi.
Tutto è fermo mentre i nostri occhi si incontrano per la prima volta.
Sono le 23.10 del 7 novembre 2016, benvenuta al mondo Nicole, raggio di sole della nostra vita.
Ci aspettano mille avventure da affrontare.

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Non posso assicurarti che sarò una buona madre ma posso promettenti con certezza che ti amerò come accade nelle favole: PER SEMPRE.

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