Home Salute e Benessere La scoliosi idiopatica

La scoliosi idiopatica

by Alessandra Sodi
la scoliosi idiopatica

La scoliosi idiopatica è l’argomento che oggi affrontiamo grazie a Pamela Cirulli, insegnante di Pilates, laureata in psicologia clinica, che ci ha accompagnate nei giorni scorsi in un affascinante viaggio di conoscenza del Pilates, come approccio per integrare mente, corpo e spirito, in un’ottica di benessere della persona. Entreremo ora nel dettaglio di una problematica molto diffusa, che può manifestarsi anche nei bambini molto piccoli: si stima che 2 bambini su 1000 presentino problematiche relative alla scoliosi, mentre per gli adolescenti la stima sale a 7 su 1000. La scoliosi è una problematica che non possiamo assolutamente sottovalutare per il benessere dei nostri figli: iniziamo oggi un percorso di tre appuntamenti dedicati alla scoliosi, anzitutto scoprendo esattamente cos’è la scoliosi idiopatica e cosa comporta. Approfondiremo poi parlando di scoliosi infantile e ritorneremo infine al Pilates per parlare dei benefici di questa disciplina per i bambini dagli otto anni in su.

Cos’è la scoliosi idiopatica e quali sono le cause

La scoliosi idiopatica è una complessa deformità strutturale della colonna vertebrale che si torce sui tre piani dello spazio; sul piano frontale si manifesta con un movimento di flessione laterale, sul piano sagittale con una alterazione delle curve, il più spesso provocandone una inversione, sul piano assiale con un movimento di rotazione. Per definizione, la scoliosi idiopatica non riconosce una causa nota, e probabilmente nemmeno una causa unica. Da un punto di vista eziopatogenetico, quindi, la deformazione vertebrale provocata dalla scoliosi idiopatica può essere definita come il segno di una sindrome complessa ad eziologia multifattoriale.

Le scoliosi idiopatiche possono essere classificate differentemente secondo la localizzazione iniziale della deformità: scoliosi toraciche, toracolombari, lombari, a doppia curva, e secondo l’età di insorgenza, quindi infantili, giovanili e adolescenziali.

Secondo le classiche indicazioni della classificazione ICIDH dell’OMS, anche per il paziente affetto da scoliosi idiopatica sono distinguibili l'aspetto di malattia, di menomazione e di disabilità (in inglese disability, conseguenza della relazione tra la condizione di salute e i fattori personali ed ambientali). Queste definizioni sono state recentemente aggiornate dall’OMS nella nuova classificazione ICF (10) come menomazione, riduzione di attività e limitazione della partecipazione, che possono essere applicate anche al paziente affetto da scoliosi idiopatica.

La scoliosi: danni e conseguenze

La ricerca ha definito una serie di elementi di “malattia” e classificabili come segue: fattori di origine dal Sistema Nervoso Centrale, fattori biomeccanici e fattori di pertinenza del tessuto connettivale. Le menomazioni del paziente scoliotico sono classificabili come danni neuromotori, biomeccanici, cardio-respiratori ed estetici. Per quanto riguarda le problematiche relative alle limitazioni delle attività (disabilità secondo la precedente classificazione), infine, queste riguardano in gran parte la scoliosi adulta. Il dolore, per esempio, od una significativa riduzione della capacità di sforzo o delle attività della vita quotidiana o professionale non fanno parte delle caratteristiche del giovane paziente scoliotico.

Scoliosi dell’età evolutiva

Viceversa, ci sono due elementi tipici dell’età evolutiva che pure si riflettono pesantemente anche sull’età adulta: le limitazioni delle attività (disabilità) dovute a motivi psicologici ed altre definibili come iatrogene, laddove il ragazzo affetto da scoliosi non viene rispettato in quanto persona colta in un duplice momento delicato: quello della crescita e sviluppo puberale e quello dell’incontro/scontro con il proprio corpo affetto da una forma di patologia che ne mina una struttura portante che non per niente si chiama “colonna”. Tutti questi elementi devono ovviamente essere valutati in base all’entità della curvatura scoliotica, laddove al di sotto dei 20° Cobb quasi mai ci sono manifestazioni di limitazioni delle attività, che divengono però sempre più importanti con l’aggravarsi della patologia.

La definizione classica della Scoliosis Research Society, definisce la scoliosi come una curva di più di 10° Cobb sul piano frontale senza considerare il piano laterale, le cui modificazioni incidono significativamente sull'evoluzione della scoliosi e la trattabilità ortesica.  

Il trattamento della scoliosi ripercorre tutte le fasi tipiche della prevenzione . Quando la patologia è lieve, il trattamento è una prevenzione dell’evolutività della scoliosi. Viene definita anche scoliosi dell’età evolutiva o giovanile in relazione alla sua comparsa caratteristica nel periodo pre-puberale ed al suo potenziale peggioramento durante la fase di accrescimento rapido. Al fine, tuttavia, di mantenere un adeguato “baricentro” la colonna vertebrale, come meccanismo naturale di difesa, si modifica sopra e sotto la curva principale in delle curve definite di “compenso”. La scoliosi idiopatica sottende, dunque, un’alterazione anatomica dei corpi vertebrali nelle 3 dimensioni dello spazio, presenta cioè una “strutturazione”. Ciò significa che il rachide, sotto l’effetto deformante delle vertebre, si torce su se stesso causando evidenti effetti negativi anche su muscoli, tendini, articolazioni e spesso sugli organi interni per via della conseguente deformazione della gabbia toracica.

Scoliosi e atteggiamento scoliotico: quali differenze

La scoliosi va assolutamente distinta “dall’atteggiamento scoliotico” che non è un dimorfismo bensì un paramorfismo. Quest’ultima condizione è decisamente meno grave e si riscontra, ad esempio, nel frequente caso in cui i due arti inferiori hanno una diversa lunghezza causando una dismetria che tramite il bacino si trasmette al rachide. L’atteggiamento scoliotico viene semplicemente corretto rimuovendone la causa (ad esempio l’uso di un plantare per riportare al pari le differenze di lunghezza degli arti inferiori) e con l’attività fisica costante.

Trattamento libero e intervento interdisciplinare

La fase terapeutica è tradizionalmente definita come “trattamento libero” (esercizi con controlli medici periodici) e riguarda la cosiddetta scoliosi minore (di norma al di sotto dei 20° Cobb). La prevenzione dell’evolutività diviene poi terapia perché si cura anche in questo caso un importante fattore di rischio primario: la scoliosi minore che può diventare scoliosi maggiore. La forma di prevenzione dell’evolutività principalmente applicata sono gli esercizi specifici e la cinesiterapia. Un secondo aspetto è quello della prevenzione secondaria, vale a dire del trattamento per evitare i danni conseguenti alla presenza della patologia conclamata. I confini possono essere fatti coincidere con un livello di patologia che richiede di intervenire con una ortesi. Lo scopo primario in questa fase è quello di evitare l’aggravamento della scoliosi, quindi di curare la malattia, ma anche, purtroppo a volte dimenticato, di trattare le menomazioni, di evitare le limitazioni dell’attività (disabilità) e della partecipazione (handicap). Quindi, se l’elemento principe è l’ortesi, il trattamento delle menomazioni e della disabilità sono tipiche dell’intervento riabilitativo, sia cinesiterapico e con esercizi specifici, che psicologico, ma anche educativo. Ovviamente questo intervento è interdisciplinare è vede la compartecipazione delle diverse figure del team: fisiatra, ortopedico, fisioterapista, tecnico ortopedico, laureato in scienze motorie, insegnante di pilates, paziente, famiglia. Infine, va considerata la prevenzione terziaria, spesso fatta direttamente coincidere “tout court” con la riabilitazione. Questo momento è tipico del recupero post-intervento e/o del superamento dei danni iatrogeni in età dell’accrescimento.

You may also like

Leave a Comment