Home Salute e Benessere Babywearing: Quando portare è scritto nel DNA

Babywearing: Quando portare è scritto nel DNA

by DiventareMamma

Diventati genitori spesso ci sentiamo dire di non portare troppo in braccio il nostro bambino perché potrebbe viziarsi ma mi viene da chiedere “viziarsi di cosa” ?

Non mi è mai capitato fino ad oggi di vedere un bimbo con una sigaretta in mano perché per me quello di fumare è un VIZIO, ma un bambino che semplicemente va accudito e vuole stare in braccio alla sua mamma o papà quale vizio mai potrà prendere? Soprattutto se decido di portarlo in fascia, metodo di cura e maternage, quale vizio rischio di fargli prendere?

Ecco, ci sono questi fra i dubbi più comuni di noi mamme, abituate da una società che ci chiede di lasciar piangere i nostri figli e non dar loro contatto e soprattutto non rispondere immediatamente ai loro bisogni e allora mi chiedo quando tutte queste scienze edottrine non esistevano,  come si accudivano i figli?

Facciamo un passo indietro e scopriamolo insieme.

Un tempo lasciare i bimbi nelle dimore in assenza dei genitori non era previsto in quanto avrebbe voluto dire morte sicura del piccolo, preda di animali selvatici e vari altri pericoli. La mamma portava quindi il suo piccolo addosso e si sposava per cacciare e lavorare.

Prende vita così l’inizio di una forma di portare i bambini che, per origine primordiale e grazie al riflesso di prensione, si aggrappavano alla sua mamma la quale a sua volta, per istinto, accudiva il suo bambino.
Se di istinto vogliamo parlare possiamo prendere esempio dai mammiferi in genere che distinguiamo in quattro categorie:

Mammiferi Nidiacei:

pensiamo alle cucciolate dei gatti, dei cani, dei topi ecc i cui piccoli nascono immaturi cioè con gli occhi chiusi non camminano ed hanno bisogno della mamma per nutrirsi che da sola lascia il nido per cercare cibo e li accudirà finche non saranno autonomi.

 

Mammiferi Nidifughi:

pensiamo a elefanti, cavalli, pecore ecc i cui piccoli nascono maturi già simili alla mamma e sono in grado di spostarsi insieme già dalla nascita e nutrirsi quasi autonomamente.


Mammiferi portatori passivi:

pensiamo ai canguri che portano i loro piccoli in una tasca finchè non raggiungono l’autonomia così facendo i piccoli si nutrono spesso e sono addosso alla mamma.

 

Mammiferi portatori attivi:

pensiamo alle scimmie i cui piccoli si aggrappano alla mamma che li allatta spesso perché addosso e li accudisce fino al raggiungimento della autonomia che li rende maturi.

E noi, pensandoci, a quale categoria di mammiferi apparteniamo?

Consideriamo i rifessi primordiali del bambino quindi il riflesso di prensione, il riflesso di moro ed il riflesso di babinsky.

Le caratteristiche morfologiche quali la cifosi naturale della schiena e la posizione delle anca divaricata seduta che, anche da quanto emerso dalla storia, ci classificano nei mammiferi portatori attivi.

Il bambino è quindi predisposto ad essere portato addosso al corpo del genitore.
Ritornando al discorso dei vizi, portando addosso il nostro bambino non facciamo altro che accudirlo, ascoltiamo i suoi bisogni che pian piano cambieranno quando inizierà a diventare autonomo. Questo mi sembra semplicemente un accudimento e non un vizio.
Abbandoniamo le teorie del pianto e del vizio e pensiamo a crescerli ascoltando ed a contatto.

Non cerchiamo surrogati alla mamma, ma semplicemente ascoltiamo quello che da generazioni è impresso nel nostro DNA.

Raccoglieremo i frutti di un bimbo che si relazionerà con fiducia al mondo esterno e che avrà la sicurezza incondizionata di essere sempre accolto dalla sua base sicura, la mamma.

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